giovedì 6 settembre 2012

UNO SQUARCIO NEL BUIO


UNO SQUARCIO NEL BUIO
Parma, 10 settembre 2012

EVENTO DI SOLIDARIETA'
NELLA GIORNATA MONDIALE DI PREVENZIONE DEL SUICIDIO

Un piccolo viaggio dentro al buio, tra pagine, canzoni, immagini e riflessioni, per accogliere la sofferenza emotiva che accompagna la morte volontaria, alla ricerca di un dialogo possibile.
Perché, nonostante la gravità e la complessità del problema, la prevenzione non può essere vista come responsabilità dei soli esperti, ma riguarda ciascuno.

Il programma prevede letture da parte di alcune attrici dell'Associazione ZonaFranca,
riflessioni di Nicola Ferrari (psicopedagogista e formatore)
e Chiara Ometto (psicologa e psicoterapeuta),
video e interventi grafici di Stefano Grilli, immagini fotografiche di Marco Circhirillo


lunedì 11 giugno 2012

senza titolo

mi esercito continuamente
mi esercito al niente
fino al mio colore puro

Mariangela Gualtieri, Antenata



Louise Bourgeois, Girl with her hair. 2007





martedì 29 maggio 2012

ISACCO

Chi non era previsto rimanesse vivo, sopra-vvive. Giunto al bivio, per caso per la mano divina o per sfortuna rimane di qua. Per il resto del suo tempo le genti chiederanno: cosa hai visto? cosa sai più di noi? com'è il mondo da lì, dal sopra-vvivere? com'è dopo?
E lui testimonia svuotato di vita dal soffio della morte sciancato dalla consapevolezza dalla visione dell'eventualità dal contatto diretto con la certezza. Anche se sarà uomo delle tende marito padre, Isacco rimarrà sempre sopra-ttutto sopra-vvissuto. Sarebbe più naturale più accettabile non rimanere vivi, certe volte.
Testimone in greco (e i greci erano saggi, molto saggi) si dice: martire. E io, che ho ascoltato molte testimonianze, sono a mia volta testimone, per il passaggio di testimone, da loro a me.  [ANNA]

mercoledì 11 aprile 2012

posso parlarti?





POSSO PARLARTI?

STARAI AD ASCOLTARMI?

TI RICORDI?

HAI CAPITO?

TI SEMBRA GIUSTO TUTTO QUESTO?


martedì 10 aprile 2012

diprimamattina

Non temo più maledizioni.
Sono finite le generazioni.

Mari al telefono -diprimamattina-



martedì 3 aprile 2012

SENZA PELLE

Attento a come tocchi una persona già toccata dal suicidio.
Attento alle parole.
Attento alle pause.
Attento all’attenzione sua e tua.
Ha i nervi esposti e una corazza che vorrebbe nulla più sentire
invece sente sente sente maledettamente ancora
Il caldo il freddo l’appetito e la televisione
Nella sua nonvita fatta di vita
Nella sua nonvita di domande senza risposta
Nella sua nonvita di assenza e presenza fantasmatica
Di non esser più davvero assieme a qualcuno
Di non essere più davvero nell’umanità
Di non poter più avere un’interezza
La confusione della sua nonvita respirata
Pulsata
Scritta
Astrusi l’uno per l’altro
Il sopravvissuto
e il mondo attorno,
Con la sola differenza
Che il mondo
Una pelle ce l’ha
Il sopravvissuto, invece,
Scorticato e suscettibile a ogni alito di vento,
Prende tutte le infezioni e i pollini di passaggio.


lunedì 2 aprile 2012

La pelle


"Mi sento microscopica, tutti i sensori amplificati... pesano i passi, ogni pensiero fa rumore, brucia persino l'aria. Sono rimasta senza pelle."

(Mari - Una canzone per Castor, Besa editrice 2009)




venerdì 30 marzo 2012

DA DOVE?


 
Io sono la mancanza
che si allarga come una macchia d'olio
sulla carta da pane.
Io sono la mancanza
che tace anche se chiedi
anche se cerchi
anche se parli.
Io sono la mancanza
che non sazierai,
che non addormenterai,
che non riposerai,
la mancanza
che ti riempie il corpo,
che ti mangia la sostanza
e lascia il carapace di te.
Io sono il nonessere presente,
l'assenza perno,
l'immanenza inafferrabile.
Dal mio silenzio
tutta la tua espressione
spremuta fuori come
il siero da una ferita.
L'albero che entra dentro
e cerca cielo
io sono il faro spento che
non puoi vedere nel tuo naufragio,
l'asse sul quale
perderai l'equilibrio
e la terra mi ruota attorno
inclinata di 30 gradi.


sabato 24 marzo 2012

io sono la mancanza



io non so, forse non voglio, consegnarmi negli uffici del mondo
e stare buono nelle sale d'aspetto della vita
io non so nient'altro che la vita

giovedì 22 marzo 2012

la rincorsa



A 20 anni prese la rincorsa
il tappeto portava l'impronta
della sua furia
arricciato dalla potenza
della spinta.

Il suicidio non è
un atto privato.
Non è
esercizio della volontà.

Quando una persona decide
di morire
per sua stessa mano.
Quando non sono possibili
ai suoi occhi
altre soluzioni
e
ogni strada è inutile.

Fine dei significati
Fine della speranza
Fine della fiducia

Il suicidio è una rivolta
all’assedio di se stessi.
Una rivolta all’assedio
delle aspettative altrui.
Un salto contro il domani.

Il suicidio si rifiuta
si sottrae
rinuncia.

Siamo tutti responsabili
quando uno di noi
si ammazza.
Non sappiamo in che modo,
ma è certo:
siamo responsabili.

Ci stiamo facendo
le domande giuste?
Forse ci sono stati
segni premonitori,
forse
siamo stati sordi all’avvertimento.

Dall’impatto in poi,
ogni giorno,
come una preghiera,
staremo in bilico
sullo stesso davanzale
in bilico
sul dubbio.

Che forse una nostra parola
una partecipazione diversa
se fossimo stati attenti.

E lui avrebbe
rimandato
si sarebbe dimenticato
nell’impegno quotidiano
l’impulso a
interrompere.

Abbiamo il dovere di indagare.

Il suicidio di uno di noi
sta piantato
come una lama nell’addome
della nostra coscienza:
è una ferita transfossa,
di cui non è dato morire,
e
ci accompagna
ci dissangua
ci tiene svegli.

martedì 20 marzo 2012

Si prese la libertà di volare

PAGINA 11,
ecco cosa successe quel giorno undici
Lui si alzò per afferrare un attimo
per stringerlo forte a sé quell’attimo irraggiungibile
e nel fare ciò si prese la libertà di volare
















ma io che lo guardavo solo,sentii tutte queste cose
che in quegli ultimi sospiri mi confidò.
Volli fare allora altrimenti
ma quando riapersi gli occhi
ogni cosa non era più al suo posto
Lui era fuggito col suo attimo prezioso
strinse bene, pensò di esserselo guadagnato
io non lo perdonai e lo stesso feci con me
scelsi dunque questa prigione.
Divenni quell’attimo inafferrabile.

Will_Be, da "Una canzone per Castor"




 


lunedì 19 marzo 2012

mosse guerra alla vita...

CASTOR O POLLUCE, NON E' DATO SAPERE: ESSI SONO SPECCHIO L'UNO NELL'ALTRO




...mosse guerra alla vita e ne rimase ucciso,
cita un epitaffio di Spoon River.
mi sembra sintetizzi bene la sua esistenza, il non lasciarsi sopraffare,
i rischi, anche, sono stati affrontati;
perchè qualcuno di troppo ha dimenticato
che vivere è gioia, stare bene.
e non entrare nel tunnel che porta dritto a ottant'anni
in un batter di ciglia.

c'è una porzione di giovani che non ne vuole sapere.
a torto o a ragione, non lo giudico.
io so che adesso più che mai assolutamente voglio partecipare il meno possibile all'andazzo insignificante di tante persone che mi circondano.
parlo della fabbrica come di qualsiasi lavoro contrario alla propensione dei giovani alla vita.
sinceramente adesso non so dove stare, ovunque ho la sensazione di essere fuori posto, un senso profondo di disagio.
e la perdita di tale persona mi sta mettendo, più di quanto non lo fossi mai stato, contro questo paese.

Will Be (da "Una canzone per Castor)

venerdì 17 febbraio 2012

L'ENNESIMA VOLTA

Che brutto déjà vu: questa notizia l'ho letta ormai già troppe volte.

Ieri. Firenze.
Ragazzo di 20 anni.
L'ultimo urlo consegnato a Facebook:
''Addio mondo di merda. Fate come me, levatevi dal cazzo. La vita fa schifo, studiare e' inutile, tanto non si trova lavoro''.
E poi prende una sciarpa e appende la sua vita all'anta dell'armadio.

Fine.



Non c'è più tempo. All'improvviso è troppo tardi. Fine dei sogni e dei progetti. Fine dei giochi, fine delle scelte.
Rimane solo, defilata, una notizia. La solita ed ennesima. Che quasi mai si legge sui giornali. Ma se ne trovano a decine invece mettendo sul motore di ricerca un paio di parole...
suicidio - studente - scuola - facebook - 20enne (ma pure 18enne... 16enne... 13enne... 11enne!)
Tutte tragicamente uguali. Le variazioni riguardano i dettagli, i luoghi, le modalità. Qui un ponte, là i binari della ferrovia, una finestra ai piani alti, la corda tesa nel chiuso di una stanza. In un rituale tuttavia che sembra replicarsi all'infinito. In un silenzio annichilito, sordo ed impotente. In un silenzio spesso indifferente.

Ma quanti sono?
Chi se ne occupa? Il conto chi lo tiene?

Si contano i suicidi in carcere. Si contano, con precisione e giustamente: 8 dall'inizio del 2012 ad oggi, 74 nel 2011 (66 di detenuti, 8 di agenti) 912 dal 1997 ad oggi...  il dato dà la dimensione della gravità.

Chi conta invece quanti adolescenti, giovani, studenti?
Quanti suicidi nella scuola? Quanti in seguito a fallimenti, bocciature, abbandoni?
Quanti per mobbing o maltrattamenti?
Quanti fra minoranze? per discriminazioni etniche? o sessuali?
Chi fa ricerca? Chi incrocia i dati? Chi mette in relazione? Chi prova a individuare gli strumenti e gli interventi?


La Conferenza Ministeriale europea dell'O.M.S. sulla Salute mentale. Helsinki, Finlandia, 12-15 gennaio 2005, ha elaborato un Piano d’azione sulla salute mentale per l’Europa. Con l'obiettivo di affrontare le sfide e creare le soluzioni.
Il piano è stato successivamente integrato dal Patto europeo per la salute e il benessere mentale, siglato a Bruxelles il 13 giugno 2008.

Si legge tra le azioni: 
"È necessario far comprendere alla popolazione e ai professionisti, attraverso azioni di informazione generale e formazione specialistica, che la sofferenza che porta al suicidio può essere intercettata
...
Infine particolare attenzione formativa andrebbe indirizzata agli insegnanti delle scuole medie inferiori e superiori e ai medici di base al fine di poter intercettare i primi segnali di richieste di aiuto che spesso passano inosservati."
Qual'è lo stato di applicazione di quel piano?




mercoledì 15 febbraio 2012

giovedì 2 febbraio 2012

Sulla morte, senza esagerare

Non s'intende di scherzi,
stelle, ponti,
tessitura, miniere, lavoro dei campi,
costruzione di navi e cottura di dolci.

Quando conversiamo del domani
intromette la sua ultima parola
a sproposito.

Non sa fare neppure ciò
che attiene al suo mestiere:
né scavare una fossa,
né mettere insieme una bara,
né rassettare il disordine che lascia.

Occupata ad uccidere,
lo fa in modo maldestro,
senza metodo né abilità.
Come se con ognuno di noi stesse imparando.

Vada per i trionfi,
ma quante disfatte,
colpi a vuoto
e tentativi ripetuti da capo!

A volte le manca la forza
di far cadere una mosca in volo.
Più di un bruco
la batte in velocità.

Tutti quei bulbi, baccelli,
antenne, pinne, trachee,
piumaggi nuziali e pelame invernale
testimoniano i ritardi
del suo svogliato lavoro.

La cattiva volontà non basta
e perfino il nostro aiuto con guerre e rivoluzioni
è, almeno finora, insufficiente.

I cuori battono nelle uova.
Crescono gli scheletri dei neonati.
Dai semi spuntano le prime due foglioline,
e spesso anche grandi alberi all'orizzonte.

Chi ne afferma l'onnipotenza
è lui stesso la prova vivente
che essa onnipotente non è.

Non c'è vita
che almeno per un attimo
non sia immortale.

La morte
è sempre in ritardo di quell'attimo.

Invano scuote la maniglia
d'una porta invisibile.
A nessuno può sottrarre
il tempo raggiunto.

[ Wislawa Szymborska ]











un saluto,
una dedica 

Diversamente

...E quale rosa senza spine ho regalato
In questo giorno di poca luce?
Dico beato chi concepisce
La propria estensione...

(versi di Andrea Moretti)

sabato 28 gennaio 2012

TRIANGOLI E MEMORIA: IL GIORNO DOPO

Giorno della Memoria, perché parlarne ancora?

Per ricordare che la violenza inizia quando chi ne ha il potere cuce un'etichetta addosso a un altro essere umano.
Non è il criterio che fa la differenza: lo STIGMA e il PREGIUDIZIO sono già di per sé violenza.



Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
e io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c’era rimasto nessuno a protestare.

(B.Brecht)


Il termine Shoah indica lo sterminio degli Ebrei che vivevano in Europa prima della seconda guerra mondiale. La stima è di circa 6 milioni di morti.
Ma il genocidio sistematico attuato dai Nazisti ha riguardato anche altre "categorie":
i gruppi etnici di Rom e Sinti (i cosiddetti "zingari"),
i prigionieri politici, in particolare comunisti,
gli appartenenti a minoranze religiose: Testimoni di Geova e Pentecostali,
alcune popolazioni slave tra cui Sovietici e Polacchi,
i malati psichiatrici e i disabili,




e gli omosessuali [LEGGI: Omocausto, lo sterminio dimenticato dei gay | Domenico Naso | Il Fatto Quotidiano ]







TRIANGOLO ROSA

Io sono creatura
al confine di ogni confine,
oggetto di derisione
...
sospetto
disgusto.

Dal silenzio della gente per bene.
Dall’approssimazione degli storici.
Dalla morale condivisa
tra vittime eterosessuali e
carnefici nazisti,
nasce il mio oblio.

Zitti sul motivo del mio arresto.
Le famiglie chiamano discrezione
la vergogna di un figlio ‘così’.
Zitti sulla mia naturale predilezione
archiviata tra le malattie e le perversioni:
giuste cause di detenzione e sterminio.

Triangolo rosa, omosessuali,
arrestati per l’ardire dell’amore,
siamo morti in 10.000.
Nessun tribunale ci mise nel conto, poi.
Nessuna preghiera per quei morti, poi.
Nessun risarcimento, poi.

A testa alta vado per il mondo,
sopravvissuto anche alla vostra
indifferenza: vi siete ricordati
di invitarmi alla commemorazione?

(Anna Segre)



Aggiungendo anche questi gruppi il totale di vittime dell'Olocausto è stimabile tra i dieci e i quattordici milioni di civili, oltre a quattro milioni di prigionieri di guerra.





Se l'Olocausto è diventato il paradigma della violenza estrema generata dall'intolleranza (e dell'indifferenza di cui questa violenza si alimenta), non ci si può dimenticare dei numerosi altri stermini di massa attuati nel corso di tutto il '900, a partire da quello degli Armeni e degli Ellenici (2,5 milioni 1915-1923) per proseguire in giorni più recenti fino a quelli tutt'ora in atto.

LEGGI: Memoria: io così non ci sto | Reset Italia


IL Giorno della Memoria


Solo il pensiero
Per me ritorna
  Tutto il resto e’ stato
Costruito e distrutto
Poi dimenticato
Rievocato e ricordato
.
A volte mi chiedo se
le carezze sono bastate
Se le parole hanno
colto l’attenzione
o meglio se l’intento
e’ riuscito.

Ecco questo mi chiedo
Nel Giorno della Memoria
Nel momento in cui
ogni ricordo e’ vivo
E la tua mano cerca
istintivamente l’altra .

E’ troppo poco
ricordare oggi cio’
che ieri ti ha toccato
e sapere dentro noi
che da qui alla morte …
Molto ancora sfuggira’


(Andrea Moretti - Testo modificato non edito)





venerdì 27 gennaio 2012

In occasione della giornata della memoria.

A chi la memoria lo tormenta tutti i giorni. A chi non è indulgente con sè stesso. Chi si chiede se ha fatto tutto il possibile. Se avrebbe potuto fare meglio. Se è più giusto tacere o raccontare e che non è tranquillo in nessuno dei due casi. A chi è tormentato dall'approssimazione, ma anche dall'oblio.


JUDENRAMPE


La Judenrampe è un binario morto.
Una banchina sulla quale lascerai
le tue valigie, se le hai.
All’apertura del vagone respirerai,
spererai in un sollievo,
di bere, lavarti, riposarti.
Lì rimarranno anche le tue ipotesi di futuro,
mentre corri per ubbidire agli ordini.
I maschi da una parte e le femmine dall’altra.
Avrai paura, ma non ci sarà tempo
per pensare a quello che senti.
La Judenrampe è una bolgia ordinata:
ognuno verrà strappato ai suoi,
ma lo stupore e l’incredulità ti terranno in fila.
Ancora non lo sai.
Che non li rivedrai più.
Non avrai modo di dir loro un’ultima parola,
di farti dare una benedizione,
di indugiare un momento.
Tutto avverrà in fretta,
in un fragore di passi pianti e latrati.
La Judenrampe è un inganno, un trucco.
Mentre ti affanni per capire le regole,
evitare i colpi in testa e guardare
dove mandano tua madre,
non potrai intuire che la fila di sinistra,
la più numerosa,
è un imbuto verso le camere a gas.
Poi ci ripenserai, non potrai farne a meno.
Perché poi saprai cose che prima non potevi
nemmeno immaginare
e tutto sarà banalmente chiaro.
Quel luogo è una porta sul buio,
è l’inizio della tua fine,
anche se ne uscissi vivo,
il che è improbabile.

Anna Segre



"Nella primavera del 1944, il campo di Auschwitz raggiunge il massimo della sua capacità di sterminio. Cominciavano ad arrivare i convogli con gli ebrei ungheresi che dovevano esser sterminati subito. (….) Mai prima d’ora s’era visto uno sterminio di massa di queste proporzioni. Per facilitare le operazioni di selezione e abbreviare il tragitto tra la banchina ferroviaria e la camera a gas, viene costruita all’interno del lager di Birkenau una rampa a tre marciapiedi, che consente ai convogli di fermarsi a poche centinaia di metri dai bunker dei crematori. Verrà chiamata Judenrampe."
F. Sessi Auschwitz 1940/1945 BUR


lunedì 23 gennaio 2012

VIVERE E SOPRAVVIVERE, la settimana della memoria

Tornare a casa dopo lo sterminio: un paradigma della sopravvivenza

L'umanità, la fratellanza con l'intero genere umano, fu già proclamata dalla Rivoluzione francese, ma l'abbiamo incontrata davvero nei campi di sterminio... E' stata l'enormità dei delitti compiuti nel XX secolo a farci provare l'inaudito senso di perdita per l'estinzione di esseri umani a noi ignoti...
Ogni uomo, raccontando la propria storia, racconta la vicenda dell'intera umanità... Il dolore, tutto il dolore, per quanto immane, appartiene alla vita universale e alla vita può fare ritorno
(Antonio Scurati, Il sopravvissuto)



Edith Bruck: «Tu pensi che quando torni da Auscwitz il mondo si inginocchierà e chiederà perdono. In realtà il mondo non ti vuole neppure, sei un sopravvissuto e non sanno cosa fare di te, e nemmeno tu sai cosa fare della tua vita che hai salvato».

Le testimonianze dei sopravvissuti, accolte e rispecchiate dalla poesia di Anna Segre.

martedì 10 gennaio 2012

IL CANTO DELLE SIRENE

Essere omosessuali è una magagna.
Ti accorgi che preferisci quelli del tuo stesso sesso e tutto quello che pensavi sarebbe stata la tua vita si stravolge.
Sarà complicato avere una famiglia, come minimo.
Sarà complicato avere un ambiente sociale, e comunque, quando ti rendi conto, hai compagni di classe eterosessuali che ti credevano 'come' loro. Scatta l'obbligo al cambiamento per somigliare a te stesso. Un cambiamento che riguarda il dire: non sono A! Bensì alef! E si tratta di un pezzo della tua identità, non qualcosa cui puoi rinunciare, tralasciabile. Tu non ti devi vestire con un cappotto piuttosto che con una giacca a vento, no. Tu devi cambiare la tua pelle, tu per primo devi accettare di essere come non era previsto che tu fossi.
Poi lo devi dire alle persone importanti. Potresti non aver paura di dirlo all'amico cui dici sempre tutto, l'amica con cui fino a ieri ti davi la mano nella sacrosanta gioia d'incontrarsi dei 14enni, e che da oggi in poi non saprà se quel darle la mano abbia una nouance sentimentale, erotica, sessuale. Sarai sporcato da quello che gli altri pensano di una persona OMOSESSUALE, perchè te lo dico fin da ora: la gente dà una connotazione solo sessuale alle persone OMOSESSUALI. Ogni persona del tuo stesso sesso penserà che ce stai a provà, che ce staresti, se lei ci provasse.

Sarai sporcato dai pensieri sporchi degli altri.

Poi vorrai e dovrai dirlo a tua madre e tuo padre. Tu a loro dici la verità. Ti hanno educato al rispetto e alla verità. E a quel punto cammini su un crinale che non è dovuto a te, bensì al loro bisogno di saperti perfetto, omologato, di saperti come dicono loro. Questa camminata ai bordi del vuoto tocca a te, i loro occhi arrabbiati di una natura, una predilezione, un istinto che non è omicida violento o antisociale, è di amore. L'impermeabilità delle loro convinzioni ti schiaffeggerà, all'improvviso non ti riconoscono più come il loro amato figlio. Meglio pazzo drogato e assassino, che omosessuale.

Ed è lì che la tentazione di scegliere il vuoto diventa un canto delle sirene.

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Si è ucciso il ragazzino gay che difendeva i ragazzini gay

Confessa ai genitori: «Io gay» Non compreso tenta il suicidio

Vittima dell’omofobia si uccide a 19 anni | Roberto Festa

domenica 27 novembre 2011

BALLATA DELLE MADRI

Mi domando che madri avete avuto.

Se ora vi vedessero al lavoro
in un mondo a loro sconosciuto,
presi in un giro mai compiuto
d’esperienze così diverse dalle loro,
che sguardo avrebbero negli occhi?

Se fossero lì, mentre voi scrivete
il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
o lo passate a redattori rotti
a ogni compromesso, capirebbero chi siete?

Madri vili, con nel viso il timore
antico, quello che come un male
deforma i lineamenti in un biancore
che li annebbia, li allontana dal cuore,
li chiude nel vecchio rifiuto morale.

Madri vili, poverine, preoccupate
che i figli conoscano la viltà
per chiedere un posto, per essere pratici,
per non offendere anime privilegiate,
per difendersi da ogni pietà.

Madri mediocri, che hanno imparato
con umiltà di bambine, di noi,
un unico, nudo significato,
con anime in cui il mondo è dannato
a non dare né dolore né gioia.

Madri mediocri, che non hanno avuto
per voi mai una parola d’amore,
se non d’un amore sordidamente muto
di bestia, e in esso v’hanno cresciuto,
impotenti ai reali richiami del cuore.

Madri servili, abituate da secoli
a chinare senza amore la testa,
a trasmettere al loro feto
l’antico, vergognoso segreto
d’accontentarsi dei resti della festa.

Madri servili, che vi hanno insegnato
come il servo può essere felice
odiando chi è, come lui, legato,
come può essere, tradendo, beato,
e sicuro, facendo ciò che non dice.

Madri feroci, intente a difendere
quel poco che, borghesi, possiedono,
la normalità e lo stipendio,
quasi con rabbia di chi si vendichi
o sia stretto da un assurdo assedio.

Madri feroci, che vi hanno detto:
Sopravvivete! Pensate a voi!
Non provate mai pietà o rispetto
per nessuno, covate nel petto
la vostra integrità di avvoltoi!

Ecco, vili, mediocri, servi,
feroci, le vostre povere madri!
Che non hanno vergogna a sapervi
– nel vostro odio – addirittura superbi,
se non è questa che una valle di lacrime.

È così che vi appartiene questo mondo:
fatti fratelli nelle opposte passioni,
o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
a essere diversi: a rispondere
del selvaggio dolore di esser uomini.


Da Pier Paolo Pasolini, Bestemmia. Tutte le poesie, vol. I, Garzanti, Milano 1993



venerdì 23 settembre 2011

E PRIMA?

Nello stato di New York un ragazzo quattordicenne si è ucciso all’inizio della settimana. Era vittima di persecuzioni e di bullismo da parte dei suoi compagni di scuola perché si era dichiarato bisessuale e aveva intrapreso iniziative pubbliche per difendere se stesso e le persone gay e bisessuali perseguitate.
"A nessuno della mia scuola importa prevenire i suicidi" «Io parlo sempre di quello che subisco, ma nessuno mi sta a sentire. Cosa devo fare perché la gente mi ascolti?»
"A volte il danno che fa dentro di te l’odio delle persone che ti stanno attorno è troppo grande. A volte il futuro sembra troppo lontano. È quello il momento in cui il tuo cuore si spezza."
Leggi LA NOTIZIA (link esterno)

sabato 3 settembre 2011

UN ELEFANTE IN MEZZO AL SALOTTO

 La mia cara amica Patrizia mi ha chiesto:
Ma che c'entra una malattia fisica come Hashimoto con la condizione mentale di qualcuno?

Senza questa domanda io non mi sarei accorta di dare per scontato qualcosa che evidentemente non lo è.
Il lutto è una malattia (e dalla psichiatria è considerata tale, con protocolli che prevedono la prescrizione di antidepressivi e benzodiazepine - ansiolitici -): come il morbillo, come la gastroenterite.
Il lutto di un figlio suicida è una malattia molto più grave, poichè non guarisce. E questo gli psichiatri lo sanno. Non ci sono ambiguità: la probabilità che il genitore di un figlio suicida soffra psicologicamente per tutta la vita che gli rimane è troppo alta. La sofferenza morale tormentosa è un sintomo come l'astenia che si accompagna ai tumori.
Per questo sostengo la ragionevolezza dell'esenzione ticket per psicoterapia per persone sopravvissute al suicidio di un figlio. E sostengo che sarebbe lungimirante offrire aiuto psicoterapeutico ai compagni di scuola e agli amici. E non sto parlando di un'inezia, una sfumatura: l'elefante è in mezzo al salotto, tutti fanno finta di non vederlo e ci girano intorno.

HASHIMOTO E SUICIDIO

Due malattie:
la tioroidite di hashimoto e
che tuo figlio/fratello/compagno/amico/ragazzo si è suicidato (già la definizione, pure qui, non ha la sua parola sintetica, ma devi dilungarti nella spiegazione)

Per la tiroidite di Hashimoto c'è l'esenzione immediata (e totale) dall'acquisto dei farmaci e dalle ecografie di controllo. Perchè? E' facile: perchè non si guarisce, anzi, si peggiora nel tempo. Distrugge la tiroide piano piano. E' una malattia cronica non mortale.

Per il sopravvissutoalsuicidiodelfiglioamicocompagnoragazzo non è previsto niente.
Cosa c'è di diverso?
Niente!
Non si guarisce (anzi). Dura tutta la vita. Ti distrugge piano piano.
E non è (apparentemente) mortale.

venerdì 2 settembre 2011

E DOPO?

Cosa rimane di una madre il cui figlio si suicida?
Come reagisce il mondo attorno a un suicidio?
Cosa dicono gli amici di famiglia, a questa madre/a questo padre?
Cosa 'offre' il sistema sanitario nazionale?
Come reagiscono psicologicamente gli amici/i compagni di chi si è suicidato? I fratelli?
Per esempio: si consigliano colloqui con uno psicoterapeuta da parte della scuola, per la classe di cui il ragazzo faceva parte?
Esiste un'esenzione ticket al dsm per i parenti stretti?

Non c'è nemmeno la parola per dire: madre di figlio morto.
Moglie di marito morto: vedova.
Figlio di madre morta: orfano.
Madre di figlio morto.

Il cursore pulsa da molti minuti senza che io digiti, ma il silenzio non si dice. Punto.

giovedì 1 settembre 2011

UNA PERSONA

Una donna assiste dal suo balcone ad un pestaggio. E' una camerunense in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno, eppure sceglie di testimoniare. Il caso è quello di Federico Aldrovandi, ucciso nel 2005 durante un controllo di polizia, lei è l'unica testimone a rompere l'indifferenza in cui si è svolta la vicenda. Le sue sono parole semplici e lampanti: sanciscono un confine tra chi possiede e chi ha smarrito il senso dell'umano. E' questa consapevolezza che fa la differenza.
"E cosa vede lei? Un corpo per terra..."
"Ma lei dice un corpo. Io vedo UNA PERSONA"


Caso Aldrovandi, i giudici di Appello: “La Questura ordinò di manipolare la verità”
Bologna: in 233 pagine viene motivata la sentenza che ha confermato la condanna dei quattro poliziotti: "Fu omicidio colposo, il ragazzo colpito con violenza gratuita, senza nessuna regola".
La sentenza



martedì 26 luglio 2011

L'insostenibilie inutilità della bocciatura scolastica - nuova puntata

LA NOTIZIA: "LETTERA A UNA PROFESSORESSA" dall'OCSE !
L'ultimo rapporto Ocse sull'organizzazione dei principali sistemi educativi nel mondo conferma quello che molti esperti vanno dicendo ormai da anni. Ripetere un anno di scuola non sempre serve a recuperare il ritardo sul programma. Anzi, spesso è un modo di penalizzare ancora di più l'alunno in difficoltà. Numeri alla mano, l'organizzazione internazionale dimostra che laddove esistono molti "ripetenti" peggiorano i risultati complessivi delle classi e, in finale, anche la percentuale degli alunni che riescono a diplomarsi. Se anziché bocciare si organizzano corsi di recupero personalizzati o altre misure di sostegno (succede per esempio in Finlandia o in Gran Bretagna), allora l'efficienza nello studio migliora e il ritardo didattico può scomparire.
L'OCSE contesta l'utilità della bocciatura  [link esterno]





"Mi chiedo fino a quando l’opinione pubblica, in primis i genitori, potrà ulteriormente sopportare e sostenere questo incredibile dispiego di arroganza e menefreghismo istituzionale. Il successo della scuola si stabilisce sulla base della capacità di portare i suoi alunni a conseguire obiettivi significativi nell’ambito dell’apprendimento e a realizzare nei tempi previsti il proprio percorso scolastico. Le bocciature rappresentano anche uno spreco economico e pesano sulle casse pubbliche in quanto i ragazzi restano a scuola più tempo. Occorre che l’opinione pubblica, e in primis gli insegnanti ancorati a un’idea educativa e pedagogica della scuola, si oppongano a questa deriva di oltranzismo punitivo con l’utilizzo del voto scolastico come arma contundente di respingimento degli alunni".

Tratto dall'articolo di Daniele Novara (CPP) pubblicato nel marzo 2010 :
L'insostenibile inutilità della bocciatura scolastica  [link esterno

ARGOMENTI PER UN DIBATTITO:



complessità sociale, disagio giovanile, scarso prestigio, povertà e nuove povertà, immigrazione, politiche scolastiche, tagli di personale e di bilancio...

la nostra scuola è fragile
MA
la cura per una scuola fragile non è bocciare gli alunni fragili!




VALIDARE VALE

E' ormai sperimentalmente dimostrato che il sistema cognitivo apprende di più con le validazioni che con le in-validazioni. Magnificare ciò che funziona cementa l'informazione, mentre sottolineare l'errore sembra di no. E' chiaro che non si può NON correggere gli errori, ma questo dato va tenuto presente: molte invalidazioni, poco apprendimento. Quindi non mi sembra strano che si sia giunti alla conclusione che bocciare è inutile.